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Blockchain, ecco l’efficacia in Italia dopo il decreto semplificazioni

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La blockchain assume validità giuridica con il decreto semplificazioni in via di approvazione, anche se – come vedremo – sarà un valore “ridotto” rispetto alla prima versione del testo, che era davvero rivoluzionaria.

Nel 2018, in un contesto che sembrava destinato a rimanere immutabile, il Governo italiano quindi spariglia le carte: la blockchain potrà avere ora numerosi utilizzi, dal tracking nella filiera dell’agro alimentare alla tutela del diritto d’autore.

Cosa cambia ora per la blockchain

Oggi il Governo propone nella bozza del decreto legge semplificazioni, al di fuori del contesto del CAD, una definizione di alcune tecnologie emergenti, nella fattispecie le cd.  Distributed Ledger Technology (DLT) volta a conferire alle stesse una validità giuridica.

La norma, nella prima versione del decreto semplificazioni, operava una sorta di equiparazione tra Registri distribuiti e sistemi di firme elettroniche presenti nel codice dell’amministrazione digitale (CAD), senza modificarne il contenuto, secondo una tecnica normativa di disseminazione già adottata anche in altri campi, ad esempio quello fiscale. La blockchain avrebbe avuto insomma il valore di una firma scritta di mio pugno, se la norma fosse passata in quel modo.

Lo scorso 3 dicembre, però, lo stesso Governo ha proposto una differente versione del decreto semplificazioni che, all’art 2, mantenendo inalterata la carica “ideale” alla base della definizione di registri distribuiti, contenuta nel primo comma della disposizione stessa, ne attenua la portata dal punto di vista giuridico nei commi successivi.

Secondo la versione che probabilmente verrà definitivamente approvata la prossima settimana, il valore probatorio delle “Tecnologie a registri distribuiti” sarà quello di una validazione temporale elettronica risultante da un procedimento che dovrà essere rispettoso delle regole che dovrà emettere l’Agid entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

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Tale valore probatorio potrà essere liberamente valutato dal Giudice essendo richiamato il primo comma  dell’art 41 del Regolamento eIDAS.

Quest’ultima disposizione, infatti, stabilisce unicamente che “alla validazione temporanea elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti della validazione temporanea elettronica qualificata.”

Non più dunque un nuovo criterio di imputazione del documento informatico, come nella prima versione del Decreto Legge, ma un’attestazione temporale della transazione liberamente valutabile dal Giudice.

I pro della norma

La disposizione, come da ultimo proposta costituisce comunque un’iniziativa importante nel riconoscimento normativo delle tecnologie emergenti dei registri distribuiti, perché ne legittima l’utilizzo, determinando anche il possibile avvio di un mercato di servizi ad esso connessi.

In particolare la norma, attestata sui profili di validità temporale della transazione che avviene sui registri distribuiti, sembra poter avere un ottimo riscontro nel campo dei registri relativi alle filiere produttive (agro- alimentare prima di tutto ma non solo), laddove ciò che conta non è tanto la precisione temporale della transazione (che dovrà essere valutata dal giudice).

Si pensi all’importanza che tale definizione può avere nel settore dei  riconoscimenti automatici dei titoli di studio su blockchain o alla rilevanza delle registrazioni temporali nel settore del diritto d’autore.

Analogamente l’articolo sembra poter dare un notevole impulso alle sperimentazioni fornite in ambito blockchain permissioned, come ad esempio quelle che vedono protagoniste, ma in un ambiente chiuso, gli istituti di credito.

I contro della norma

Cosi strutturata la norma sembra invece non potersi applicare, mancando la validità giuridica automatica della sottoscrizione, o, comunque l’equiparazione alla forma scritta, alle ipotesi di collegamento tra gli smart contracts ed i contratti tradizionali – almeno in quei settori in cui la forma riveste un requisito di validità dell’atto – così come non appare applicabile alle ipotesi nelle quali la latenza temporale esatta costituisca elemento imprescindibile della transazione.

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Nella blockchain, infatti, la chiusura temporale dei blocchi può arrivare sino al tempo di due ore e questo rende la validazione temporale prevista nella norma, senza l’utilizzo di una terza parte fidata che ne attesti la precisione al secondo come nel caso dei servizi di validazione temporale qualificata resi dai Trust Service Provider, difficilmente opponibile a terzi qualora l’elemento fondamentale da provare sia proprio l’esattezza di data ed ora della registrazione.

Sarà il giudice, dal punto di vista legale, sulla base di ciò che dirà l’AGID, a poter ritenere o meno provata l’attestazione temporale, secondo quanto previsto dall’art. 41 di eIDAS.

Per gli stessi motivi appare difficile che lo stesso risultato possa aversi in un settore molto formalista e preciso come quello degli atti amministrativi o delle attività legate all’agire della PA.

Le ipotesi riguardano la partecipazione alle gare d’appalto, in cui la data di deposito delle domande è elemento rilevante per la partecipazione alla gara.

In altre parole, in casi come quelli sopra menzionati, e fino a quando le DLT non riusciranno a garantire una maggior congruenza tra il momento dell’inserimento della transazione e la registrazione della stessa, probabilmente si dovranno continuare ad adottare strumenti di imputazione specifica ed elementi idonei ad attestare una validazione temporale qualificata.

Fonte: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/blockchain-ecco-lefficacia-in-italia-dopo-il-decreto-semplificazioni/